
Dominae e moda: Marcia Otacilia Severa, imperatrice in balia della crisi
Con la morte di Severo Alessandro nel 235 d.C. e la fine della dinastia dei Severi, ebbe inizio il periodo di maggiore crisi dell’impero romano, detto anche di anarchia militare: questa fase, che ha attraversato il III secolo fino all’ascesa di Diocleziano, fu caratterizzata da una grave instabilità politica, economica e sociale, mettendo a dura prova la sopravvivenza stessa dell’impero. Ciò favorì l’affermazione dei cosiddetti Soldatenkaiser (imperatori soldato), impegnati costantemente in campagne militari a difesa dei confini e, proprio per questo, spesso assurti al potere usurpando il trono con l’appoggio dell’esercito, da cui provenivano.

Sesterzio di Filippo I. Rovescio con Pietas stante a sinistra, solleva la mano destra e regge un contenitore di profumo. Legenda: PIETAS AVGVSTAE SC. Zecca di Roma. Ripostiglio di Martellago (Monetiere del Museo archeologico nazionale di Venezia).
Questo è stato anche il caso di Filippo detto l’Arabo, prefetto del pretorio divenuto imperatore nel 244 d.C., dopo aver fatto uccidere Gordiano III e rimasto sul trono fino al 249, quando cadde egli stesso vittima dell’usurpazione di Decio.
Probabilmente già prima del 238 d.C. e della nascita del possibile erede, Filippo era sposato con Marcia Otacilia Severa, donna dalle oscure origini sulla quale le ipotesi di una provenienza orientale non possono infatti essere confermate, al pari dell’ipotetica fede cristiana attribuita al marito e, di riflesso, poco verosimilmente anche a lei.
Madre di Marco Giulio Filippo, nel 244 Otacilia ottenne immediatamente il titolo di Augusta. Tuttavia, al di là di poche citazioni nelle fonti epigrafiche e letterarie, le nostre principali informazioni derivano dai suoi ritratti, soprattutto monetali, che ne denotano l’importanza dal punto di vista propagandistico come consorte imperiale e madre di un futuro sovrano, oltre a permetterci di ipotizzarne una posizione influente. Legata, pare, ad alcuni intellettuali dell’epoca, ricevette anche alcuni appellativi tra cui mater castrorum, senatus e patriae, a imitazione delle augustae severiane. La parabola di Otacilia combaciò in sostanza con quella di Filippo, concludendosi tra il 248 e il 249 d.C. con una morte violenta seguita, probabilmente, da damnatio memoriae.
La matrona, a Roma e nelle province, era comunque stata accostata a numerose divinità e virtù, di carattere personale e familiare, ed un esempio è rappresentato da due sesterzi di Filippo l’Arabo (RIC IV/3, n. 203a, b; 208a, b) conservati presso il museo e provenienti dal ripostiglio di Martellago (1916).

Sesterzio di Filippo I. Dritto col busto di Otacilia diademato e drappeggiato volto a destra. Legenda: MARCIA OTACIL SEVERA AVG. AI. Zecca di Roma. Ripostiglio di Martellago (Monetiere del Museo archeologico nazionale di Venezia).
Nel primo caso, Otacilia viene assimilata alla Concordia, segno dell’armonia nella famiglia imperiale che permette, a sua volta, il benessere di tutto il popolo romano; la personificazione al rovescio è raffigurata seduta in trono stante a sinistra, con una doppia cornucopia ed una patera e la legenda CONCORDIA AVGG SC. Nel secondo, l’Augusta è associata alla Pietas, a sottolineandone la devozione non solo verso il marito e il figlio, ma anche per lo Stato; sul rovescio, la figura femminile stante a sinistra, solleva la mano destra e regge nella sinistra uno scrigno di profumo, mentre la legenda è PIETAS AVGVSTAE SC.
Al diritto di entrambe le monete, è presente il ritratto di Otacilia volto a destra, diademato e drappeggiato.

Sesterzio di Filippo I. Rovescio con Concordia seduta stante a sinistra, regge una patera e una doppia cornucopia. Legenda: CONCORDIA AVGG SC. Zecca di Roma. Ripostiglio di Martellago (Monetiere del Museo archeologico nazionale di Venezia).
Conosciamo il suo aspetto anche da alcuni ritratti marmorei, i quali contribuiscono a delineare un volto rettangolare con guance carnose ed arco sopracciliare basso, un accenno di doppio mento ed una piccola bocca dal labbro inferiore più sporgente. Da ritratti monetali s’intuiscono il naso lievemente aquilino e la sua pettinatura, che la accomuna a molte delle donne di corte di questo particolare periodo dell’impero.
Furono proprio Otacilia e Furia Sabina Tranquillina ad abbandonare le acconciature severiane per presentarsi con queste capigliature, molto simili frontalmente a quella di Giulia Domna, per i capelli ondulati ai lati della scriminatura centrale ma sempre più aderenti al capo e ripiegati sotto le orecchie, progressivamente scoperte risalendo verso la nuca.
La pettinatura di Otacilia, dunque, si distingueva per la cosiddetta Scheitelzopf Frisur (acconciatura con scriminatura a treccia), che prevedeva una sorta di treccia piatta piuttosto innaturale e caratterizzata da una sistemazione a losanghe dei capelli. Questa era ripiegata verso l’alto sul retro del capo, lasciando due lembi di ciocche morbide sotto le orecchie scoperte. Un diadema liscio conferiva dignità regale al profilo su moneta.
Sarà dopo la metà del III secolo che, nei ritratti muliebri, questo tipo di treccia si allungherà fino a formare un rotolo sulla sommità della testa.
Michele Gatto
Patricia Caprino
Bibliografia
Balbuza K. 2014, Virtutes and abstract ideas propagated by Marcia Otacilia Severa. Numismatic evidence, in K. Twardovska, M. Salamon, S. Sprawski, M. Stachura, S. Turlej (eds.), Within the circle of ancient ideas and virtues. Studies in honour of Professor Maria Dzielska, Krakow, pp. 185-196.
Diez Adàn C. 2024, Marcia Otacilia Severa: a Soldatenkaiserin’s biography, Madrid.
Filippini E., Mongardi M. 2022, Marcia Otacilia Severa: riflessioni a margine della documentazione epigrafica e nunismatica, in “Rivista Storica dell’Antichità” 52, pp. 151-185.
Floriani Squarciapino M. 1963, s.v. Otacilia, in Enciclopedia dell’Arte Antica, Roma, pp. 802-803.
RIC IV/3 = H. Mattingly, E.A. Sydenham, C.H.V. Sutherland, Gordian III – Uranius Antoninus, London, 1962.
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