Dominae e moda: Fulvia Plautilla, meteora alla corte dei Severi
Dopo l’ascesa di Settimio Severo e la fine della guerra civile, il nuovo imperatore dovette circondarsi di uomini affidabili e di indubbia fedeltà. Uno di essi fu Gaio Fulvio Plauziano, parente di Severo e prefetto del pretorio a partire dal 197 d.C., in precedenza, prefetto dei vigili. Originario anch’egli di Leptis Magna, come riporta Cassio Dione, l’imperatore gli concesse ampi poteri, che egli cercò di accrescere imparentandosi proprio con la famiglia imperiale. La figlia di Plauziano, Fulvia Plautilla, venne infatti designata come moglie di Caracalla, il figlio maggiore di Severo: nelle intenzioni, questo matrimonio avrebbe sia posto le basi per la continuità della dinastia, sia rafforzato la posizione di Plauziano.
Plautilla divenne così uno strumento politico, vedendo il proprio destino legato indissolubilmente a quello del padre, benvoluto però dal solo Severo.
Le sfarzose nozze vennero celebrate nel 202 d.C. sebbene, come dimostrano le fonti epigrafiche, la giovane matrona avesse già ricevuto dagli sponsalia il titolo di Augusta, il che rappresenta un caso del tutto eccezionale ed unico. Tuttavia, Caracalla, allora adolescente ma già associato al trono dal 198 d.C., secondo Erodiano dimostrò fin da subito ostilità verso la moglie, soprattutto a causa dell’odio nutrito nei confronti del prefetto. Oltre a disertare totalmente la vita coniugale con Plautilla, infatti, minacciava, una volta divenuto imperatore, di uccidere lei e Plauziano, il quale era a conoscenza di tutto tramite l’Augusta, che detestava il marito. Secondo Cassio Dione, Caracalla, disgustato dalla presunta immoralità della moglie, anticipò i propri piani e Plauziano cadde così vittima di un inganno volto ad accusarlo di congiura davanti allo stesso Severo; secondo Erodiano, invece, egli stava realmente complottando per sventare i progetti del genero. Ad ogni modo, ciò ne provocò la morte nel 205 d.C., trascinando a sé il destino di Plautilla.
Esiliata sull’isola di Lipari, la matrona visse forse di stenti fino al 211 d.C., quando Caracalla, una volta asceso al trono, la fece uccidere e condannare a damnatio memoriae.
Nonostante, quindi, la posizione di Plautilla a corte sia stata tutt’altro che solida, la propaganda imperiale ne sfruttò ampiamente l’immagine come simbolo di continuità della dinastia severiana, diffondendo numerose tipologie di ritratti.
Questo appare evidente nella produzione monetale, di cui un esempio è un denario d’argento conservato presso il medagliere del museo (RIC IV/1, n. 363): coniato a Roma tra il 202 e il 205 d.C., riporta al diritto il busto drappeggiato volto a destra di Plautilla, con legenda PLAVTILLA AVGVSTA. Al rovescio, è raffigurata la Concordia stante a sinistra mentre regge una patera nella mano destra e un lungo scettro con la sinistra, accompagnata dalla legenda CONCORDIA AVGG. La presenza della personificazione della Concordia non è affatto casuale: era infatti necessario comunicare come Plautilla, attraverso il matrimonio con Caracalla, ne avrebbe completato la figura di sovrano, permettendo il consolidamento dinastico; la loro concordia coniugale (espressa dalla legenda Concordia Augustorum) si sarebbe estesa, come per una famiglia, anche sull’impero e i suoi sudditi, favorendone la stabilità.
Le collezioni numismatiche del Museo Archeologico di Venezia vantano la presenza di diverse monete che riproducono il profilo di Plautilla con la sua fronte tondeggiante, il naso camuso, labbro superiore e mento sporgenti. Queste comprendono tutte e cinque i tipi principali secondo i quali l’Augusta è stata raffigurata: decisamente molti, se si considera che il suo matrimonio è durato meno di tre anni.
I capelli di Plautilla appaiono sempre raggruppati e attorcigliati in tante fasce che avvolgono il capo: in età più giovanile prevale la tipica acconciatura a ciocche longitudinali detta “a melone” (Melonenfrisur) mentre gli ultimi ritratti recano una pettinatura simile a quella della suocera Giulia Domna. Tuttavia, sembra che Plautilla abbia utilizzato alternativamente diverse pettinature e quella raffigurata in questo denario è senz’altro singolare.
Una fascia di capelli raccolti a torciglione parte parallela alla fronte e procede a spirale attorno al capo, per essere raccolta in una larga crocchia sulla parte alta della nuca. La presenza di un ricciolo davanti alle orecchie arricchisce queste come le altre sue acconciature, tranne quella “ad elmo” più tarda.
Malgrado la sua parabola, breve e sfortunata, e nonostante la damnatio memoriae inflitta alla sua immagine, noi oggi possiamo discutere ampiamente di questa Augusta e conoscerne dettagliatamente la figura.
Michele Gatto
Patricia Caprino
Bibliografia
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RIC IV/1 = H. Mattingly, E.A. Sydenham, Pertinax to Geta, London, 1962.