Dominae e moda: le augustae di Traiano
Marco Ulpio Traiano è considerato uno dei migliori imperatori romani, insignito dal Senato col titolo di optimus princeps. Di origini ispaniche, se ne evidenzia la brillante carriera militare, culminata con la conquista della Dacia tra il 101 ed il 106 d.C. e l’avanzata fino a Babilonia, quando portò l’impero alla sua massima espansione territoriale. Moglie di Traiano era Pompeia Plotina: proveniente da Nemausus (Nimes), in Gallia Narbonese, il loro matrimonio permise un’unione prestigiosa tra élite provinciali, fra il 70 e l’80 d.C. Secondo Plinio il Giovane, degna consorte e matrona, Plotina ha rappresentato i veri valori morali romani e venne definita, pertanto, sanctissima femina.
La moglie di Traiano avrebbe ottenuto il titolo di Augusta intorno al 100 d.C., venendo onorata e venerata anche come personificazione di Vesta o della Pudicitia, rappresentazioni propagandistiche delle virtù di equilibrio, saggezza e purezza. Donna dalle grandi ricchezze personali, Plotina però non giocò mai un ruolo politico evidente, forse ad eccezione del caso della successione. Non avendo eredi, la coppia imperiale dovette pensare ad un successore adeguato che, alla fine, venne individuato in Adriano: in questo, secondo alcune fonti come Eutropio, sarebbe stata decisiva proprio Plotina, vista la riluttanza di Traiano e nonostante un legame di parentela. Probabilmente, l’Augusta aveva stretti rapporti con Adriano, anche dovuti all’epicureismo del quale si fece promotrice, questione che portò Cassio Dione a ipotizzare una relazione amorosa. Lo stesso Cassio Dione e l’Historia Augusta raccontano di come Plotina, nel 117 d.C., avrebbe tenuto nascosta la morte di Traiano per alcuni giorni, ricorrendo ad alcuni stratagemmi per far incoronare il suo favorito. Si tratta, probabilmente, di aneddoti ripresi da episodi precedenti della storia di Roma, perché, di fatto, la successione di Adriano fu invece voluta da Traiano. Quel che è certo è che Plotina conservò il proprio prestigio fino alla morte, avvenuta nel 123 d. C. e, dopo la quale, venne divinizzata dallo stesso Adriano.
Altra Augusta di età traianea era la sorella maggiore dell’imperatore, Ulpia Marciana. Plinio ne fornisce una descrizione quasi indistinguibile da quella di Plotina, sottolineando la loro armonia, senza considerare possibili rivalità: una raffigurazione delle augustae utile a sottolineare la diversità con figure femminili delle dinastie precedenti. L’anzianità di Marciana, unita al suo comportamento da matrona ideale trasmesso anche alla figlia Matidia Maggiore (Augusta tra il 112 e il 119 d.C.), le assicurarono grande prestigio, rendendola fondamentale per l’immagine pubblica della dinastia: non a caso fu divinizzata il giorno stesso della sua morte, nel 112 d.C., per decreto del Senato e prima dei funerali di Stato, come non era mai accaduto prima.
Durante il regno di Traiano, le donne ereditarono le complesse acconciature d’età flavia, ma le Augustae traianee vi apportarono diversi tratti di originalità.
Una tipica acconciatura femminile di età traianea è quella della statua iconica in Sala VIII, riadattamento del tipo scultoreo della Venere Marina con il ritratto di una matrona romana d’alto rango. I capelli disposti a diadema su tre fasce sovrapposte culminano in un toupet di ricci in cima, cuciti dietro l’ultima fascia di capelli. Tale sistemazione triangolare appare come la rielaborazione delle pettinature di età flavia. Inoltre, un voluminoso chignon di capelli mossi sul retro sostituisce le più comuni composizioni di trecce. La dignità della domina è sottolineata dal volto idealizzato alla maniera dei modelli greci ma privo di una vera e propria espressività. Al contrario, il ritratto realistico della matrona di età traianea esposto in Sala X, mette in evidenza l’età avanzata della donna e forse anche un lato del carattere un po’ arcigno o volitivo, come sembrerebbe trapelare dall’espressione accigliata e le labbra strette. Qui i capelli a doppio diadema ribassato, delimitati da due treccine che incorniciano simmetricamente il volto, riproducono, in un ritratto privato, quella che era la celebre acconciatura di Matidia, la nipote di Traiano. I capelli della calotta sono raggruppati con numerose trecce, avvolte assieme in un originale chignon elicoidale.
Michele Gatto e Patricia Caprino
Bibliografia
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