Dominae e moda: Antonia Minore, il dietro le quinte del potere

All’interno della dinastia giulio-claudia, le donne hanno spesso avuto la possibilità di mettersi in evidenza e di mostrare le proprie capacità politiche. Tuttavia, ci sono stati dei casi in cui queste, nonostante il prestigio e la loro influenza, sono rimaste nell’ombra: un esempio è quello di Antonia Minore. Nata a Roma nel 36 a.C. da Marco Antonio e Ottavia, sorella di Ottaviano, Antonia crebbe alla corte di colui che, dopo aver sconfitto il padre al termine delle guerre civili, sarebbe diventato Augusto, in un ambiente culturale in cui la matrice ellenistica aveva ormai un certo peso. Nel 18 a.C. sposò Druso Maggiore, figlio di Livia, dal quale ebbe Germanico, Livilla e Claudio.

Profilo del busto di Antonia Minore conservato nella Sala IX del Museo archeologico nazionale di Venezia.

Nonostante già nel 9 a.C. Antonia fosse rimasta vedova a causa della morte prematura di Druso in Germania, riuscì a svincolarsi dalle politiche matrimoniali di Augusto e a non risposarsi, sebbene fonti come Plutarco ne lodino la bellezza. In questo modo, divenne un modello di virtù familiare proprio per la condizione di univira, che però non la escluse dall’avere un ruolo importante nella famiglia imperiale. Ad essa, infatti, fu affidato il compito di aiutare Livia a curare l’educazione dei membri più giovani della dinastia, facendola solo apparentemente restare nell’ombra della moglie dell’imperatore. Non a caso, l’apertura di Antonia verso il mondo orientale influenzò la crescita sia dei propri figli, sia degli altri giovani a corte, oltre a risultare politicamente utile a rinsaldare i rapporti con le élites ed i re e principi clienti che da lì provenivano.

 

Dopo la morte di Augusto e l’ascesa di Tiberio, Antonia dimostrò grande fedeltà al nuovo princeps, tanto da assumere posizioni apparentemente controverse rispetto ai suoi stessi figli: eclatante è il caso della morte di Germanico nel 19 d.C., poiché la matrona sembra abbia aderito alla linea adottata da Tiberio e Livia non mostrandosi in pubblico, forse per stemperare i sospetti sull’imperatore. Tuttavia, la Tabula Siarensis sosterrebbe che, al contrario, Antonia fosse stata coinvolta ufficialmente dal Senato per decidere degli onori funebri da riservare al figlio.

Negli anni successivi essa, oltre a svolgere i compiti educativi della defunta Livia, dimostrò ancora una volta la sua fedeltà all’imperatore non schierandosi con nessuna delle fazioni che manovravano per la successione al trono imperiale, tanto da avere addirittura, secondo alcune fonti, un ruolo attivo nello sventare la congiura del prefetto del pretorio Seiano. Per Cassio Dione, a questa vicenda si ricollegherebbe l’atteggiamento adottato nei confronti della figlia, unitasi proprio a Seiano. Antonia stessa, infatti, e non Tiberio, avrebbe provocato la morte di Livilla, così da preservare gli equilibri della dinastia e le istituzioni.

 

Nel frattempo, la matrona si era distinta anche per la ricchezza di cui disponeva, potendo contare su un gran numero di proprietà, oltre a schiavi e liberti di valore al proprio servizio, liberti che poi sarebbero tornati molto utili al figlio Claudio durante il suo principato. Ad esempio, insieme alla sorella Antonia Maggiore, contribuì con un donativo alla decorazione del foro di Augusto, partecipando al suo programma ideologico.

Antonia morì nel 37 d.C., probabilmente per cause naturali come riportano i Fasti Ostienses, appena un mese dopo la morte di Tiberio. Sebbene Svetonio e Cassio Dione attribuiscano la responsabilità del decesso a Caligola, ciò sembrerebbe improbabile visti gli onori che il nuovo princeps le riservò, tra cui il titolo di Augusta però rifiutato dalla matrona.

 

La personalità austera di Antonia Minore traspare chiaramente dai suoi profili monetali e ritratti marmorei, come il busto esposto nella Sala IX del Museo archeologico.

Dettaglio dell’acconciatura di Antonia Minore e dei fori presenti sul retro del capo.

Dettaglio dell’acconciatura di Antonia Minore sul lato destro del busto.

Esso è caratterizzato da tratti gentili ma, allo stesso tempo, espressivi della sua dignità. La figura appare quasi idealizzata ma comunque improntata a un certo naturalismo per come emergono i grandi occhi e la bocca dal taglio preciso, affiancata ai lati da piccole rughe. Si tratta di un ritratto realizzato in età non più giovane e si potrebbe supporre sia addirittura postumo, dato il tentativo di idealizzarne l’immagine di donna matura e la presenza di fori che potrebbero aver sostenuto un velo cultuale per la divinizzazione. Un’ipotesi lo assocerebbe ad un’identificazione con la supposta antenata di natura divina Venere, teoria dedotta sia dai lineamenti di memoria prassitelica, sia dall’ampia scollatura, derivata forse da una statua nuda in originale.

Un ruolo importante assume la sua acconciatura, espressione della continuità tra la severità di età augustea e quella tiberiana. La pettinatura risulta infatti semplice e ordinata, con i capelli che, dalla scriminatura centrale, si dipartono fino ai lati in ciocche ondulate, lasciando scoperte le orecchie. Le due bande di capelli sono poi raccolte sulla nuca in una coda di trecce ripiegata sul retro, molto simile a quella vista nel ritratto di Agrippina Maggiore. Peculiari dei ritratti più tardi di Antonia Minore sono i ricciolini a spirale che scendono lungo le tempie e dietro le orecchie, mentre due varianti dell’acconciatura, in alcuni ritratti d’età avanzata, sono costituiti dalla presenza di una fascetta tra i capelli e da uno chignon basso al posto della coda di trecce. Esempi precedenti di questo modo di sistemare i capelli si riconoscono nelle terrecotte della fine del periodo repubblicano: d’altro canto, era così diffuso da essere ricordato anche nell’Ars amatoria di Ovidio. Tale acconciatura rimase in voga almeno fino all’età di Claudio, quando ormai le esigenze di rinnovamento estetico e l’abbandono di un’eccessiva austerità portarono ad aggiungere riccioli all’altezza delle orecchie e ciocche più sciolte lungo il collo: un cambiamento già avviato in passato da Agrippina Maggiore e più in linea con i gusti del periodo.

 

Michele Gatto

Patricia Caprino

Bibliografia

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