1523-2023: una preziosa eredità per Venezia

Felix vibas, un’esortazione alla felicità, è l’iscrizione spuria che si trova sul retro del busto del cosiddetto Vitellio, un ritratto romano di età adrianea, appartenuto alla collezione del cardinale Domenico Grimani. Tale motto, per estensione, potrebbe rappresentare un illuminante sotto-testo per definire il fecondo clima culturale del ‘500 che circondava il prelato veneziano.

Domenico Grimani fu amico e protettore di artisti e letterati, collezionista dal gusto eclettico di libri, dipinti e antichità. Vasari ricorda che a seguito della scoperta del gruppo del Laocoonte nel 1506, Domenico si aggiudicò il modellino in bronzo realizzato da Sansovino che primeggiò in una sfida promossa dal Bramante e che ebbe quale giudice Raffaello. Un raffinato collezionista dunque, ma anche un intellettuale a stretto contatto con i più grandi artisti del suo tempo, che contribuì in maniera significativa alla storia del Museo Archeologico di Venezia.

Infatti, la sua collezione archeologica, formata a Roma e presumibilmente grazie anche a ritrovamenti avvenuti nelle sue proprietà (la vigna Grimani sulle pendici del Quirinale) fu la prima a divenire patrimonio dello Stato, quindi pubblico, grazie ad un lascito testamentario. Il suo esempio verrà seguito dal nipote Giovanni Grimani nel 1586 e porterà alla nascita nel 1596 dello Statuario Pubblico, nucleo originario del futuro Museo Archeologico.

L’estate del 1523 non è benevola per Domenico. Il cardinale ha 62 anni ed è molto malato; il 14 agosto la notizia arriva a Venezia e subito i nipoti Marco e Vettor lo raggiungono a Roma. La situazione sembra migliorare , il 25 agosto però Domenico è ancora febbricitante e i medici procedono a incidere un brutto ascesso dietro ad un orecchio ma due giorni dopo viene annunciato il suo decesso.

Prima di morire, il 16 agosto, viene redatto un testamento in cui si dispone che le proprietà in Veneto vadano al fratello Vincenzo; la collezione glittica e numismatica al nipote prediletto Marino, mentre alla Repubblica Serenissima vengono lasciati dipinti e soprattutto i marmi e i bronzi antichi. Inoltre allo stato veneziano va il celebre Breviario, capolavoro dell’arte miniaturistica fiamminga degli inizi del XVI secolo, ma solo alla morte di Marino che ne ha l’usufrutto.

Domenico e Marino Grimani

Ritratto di Domenico (a sinistra) e Marino Grimani (a destra), pittore veneto, copia da Palma il Giovane, XVII secolo, olio su tela; ø 127 cm, Museo di Palazzo Grimani, Venezia (deposito Gallerie dell’Accademia, Venezia)

 

Rispettare le ultime volontà non è sempre facile perché molti possono essere i cavilli legali che ostacolano l’esecuzione di un testamento. Nasce infatti una controversia in seno alla famiglia Grimani, dovuta alla presenza di un altro testamento di Domenico, risalente al 9 ottobre del 1520 e redatto nella sua villa a Noventa Padovana, che vedeva Vincenzo quale primo beneficiario e non sembrava menzionare la donazione di antichità allo Stato veneziano.

Il 10 settembre Marino e Vincenzo si presentano al Collegio dei Savi per dirimere quale sia il testamento da considerarsi valido: quello scritto secondo la legge veneziana o quello più recente?

Il 15 settembre la Signoria incamera i beni a lei destinati e Marino consegna 28 casse. Da allora cominciano i lavori per approntare una sala dove esporre le sculture antiche (ne vengono selezionate 16, soprattutto ritratti romani) in ricordo e onore del cardinale, inoltre viene affidato a Pietro Bembo il compito di comporre un’iscrizione celebrativa.

Nel 1525 i lavori sono completati e Venezia può quindi vantare il suo patrimonio di antichità classiche, collocate in quella che verrà definita Sala delle Teste, un ambiente dietro la Sala dei Pregadi o Sala d’Oro al secondo piano nobile.

Tra le opere esposte, 11 ritratti e 5 statue, spiccano i ritratti del cosiddetto Vitellio, Traiano e Lucio Vero, la statua di Ulisse, dei due galati, di Apollo Citaredo e la statuetta acefala raffigurante Venere Anadyomene.

 

Ulisse Grimani

Ulisse, copia romana di un orginale di scuola pergamena, prima metà del III secolo a.C.; collezione Domenico Grimani

 

Lì rimarranno collocate finché, con l’allestimento dello Statuario Pubblico nell’antisala della Biblioteca Marciana, le sculture di Domenico confluiranno nelle raccolte marciane insieme ai marmi antichi donati dal nipote Giovanni e dal procuratore Federico Contarini.

LT

Per approfondire:

Pio Paschini, Le collezioni archeologiche dei prelati Grimani del Cinquecento, in Rendiconti Pontificia Accademia Romana di archeologia, V, 1927, pp.149-190

Marilyn Perry, Cardinal Domenico Grimani’s legacy of ancient art to Venice, in Journal of the Warburg and Courtauld Institutes, XLI, 1978, pp.215-244.

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