Storie di Piazza San Marco
Un elefante per Venezia
Lo sapevate che un elefante, con tanto di zanne e proboscide, fa bella mostra di sé in piazza San Marco? Vi si trova dal 15 agosto 1505, quando vennero innalzati di fronte alla Basilica i reggistendardi bronzei, opera di Alessandro Leopardi. A quel tempo, le basi dei pennoni portabandiera furono considerate un’impresa artistica importante per la città, pensata per rappresentare attraverso allegorie i principi del governo della Repubblica e perciò concepita per far osservare le immagini a distanza ravvicinata. Ora, delle transenne mobili le proteggono da schiere di turisti, troppo distratti per notarle. In questo post Storie di Piazza San Marco vi parlerà di un’opera d’arte così esposta da passare inosservata, e del suo elefante.
Nel 1503 i Procuratori de Supra Paolo Barbo, Antonio Morosini e Nicolò Trevisan decisero di sostituire le vecchie basi in pietra dei pennoni portabandiera con opere d’arte in bronzo. Leggiamo i loro nomi sul reggistendardo centrale assieme a quello del doge in carica, Leonardo Loredan. Le nuove basi, superbamente ornate di figure allegoriche, erano ispirate alla forma della candelabra, motivo decorativo ampiamente usato dagli artisti rinascimentali, che traeva le sue origini dalla cultura antiquariale del primo Quattrocento. Daniele Renier fu l’ideatore del programma figurativo. L’iconografia espresse i valori fondanti della Repubblica: la ricerca della mediazione e di una soluzione pacifica quale costante criterio della politica veneziana e la celebrazione di uno Stato virtuoso che sa distribuire la ricchezza.
Sui reggistendardi laterali si notano leoni “in moleca”, leoni aggettanti e due cortei marini con Tritoni, Nereidi, Satiri e putti che trasportano ceste di frutti e verdure, a ricordare la prosperità che i veneziani traevano dal mare. Il reggistendardo centrale si differenzia dagli altri due, oltreché per tre medaglioni col profilo del doge Loredan, per una composizione più complessa che costituisce il cuore dell’intero programma figurativo. Esso mette in scena una sorta di corteo cerimoniale, simile a quelli organizzati in occasione di speciali ricorrenze a Venezia con l’allestimento di carri allegorici su imbarcazioni. Ne fanno parte tre figure femminili, accompagnate da putti e attributi vari, a bordo di altrettante navi, che sono precedute da divinità marine. Ciascuna delle navi è affiancata da animali simbolici: un delfino, un elefante, una coppia di ippocampi. Una Nereide apre il piccolo corteo trionfale, precedendo la nave accompagnata dal delfino su cui viaggia la figura di Abbondanza-Caritas. Seguono un Tritone che suona un corno e la seconda nave, quella dell’elefante, sulla quale è assisa Giustizia-Giuditta. Un secondo Tritone precede la terza e ultima nave, affiancata da una coppia di cavalli marini, su cui sta Minerva Pacifica a chiudere il corteo.
Daniele Ferrara ha interpretato le immagini nel loro insieme come una «orazione civile e politica», in cui «tutti gli elementi compongono una celebrazione di Venezia, espressa nella parte superiore del reggistendardo dai ritratti del doge e dai nomi dei procuratori (i vertici dello Stato), dai leoni marciani» e dall’allegoria della città che riceve i tributi dalla terra e dal mare nei cortei marini dei pili laterali. «Le allegorie del reggistendardo centrale sintetizzano i valori cardine della mentalità politica veneziana: abbondanza, giustizia, pace quali frutti di una fondamentale prudenza e di un atteggiamento virtuoso», che consentiva di affrontare i pericoli delle alterne vicende della fortuna. La figura assisa sulla nave affiancata dall’elefante è dunque un’immagine della Repubblica, che per garantire il buongoverno deve incarnarsi nella Giustizia – si veda l’attributo della bilancia – ed essere dotata della forza e della purezza dell’eroina biblica Giuditta – si vedano la spada e la testa mozzata. E l’elefante?
Delfini e ippocampi accompagnano spesso Tritoni e Nereidi nel thiasos marino. Più singolare, e curioso, è trovare in questo contesto un elefante con coda di pesce, trasformato anch’esso in creatura acquatica. Quale significato dare quindi a questa presenza inconsueta? Nello stesso anno in cui si inauguravano i reggistendardi, Aldo Manuzio pubblicava un celebre testo di Orapollo dedicato ai geroglifici, tanto in voga nella Venezia del Rinascimento. Nel loro simbolismo l’elefante, già inteso come simbolo di fortezza, è emblema anche di prudenza, temperanza e della capacità di fiutare, con la proboscide, le cose convenienti. Tale qualità, «trasposta da una dimensione individuale a una collettiva, assurge a grande importanza per il governo dello Stato». L’animale sta qui a indicare un’autorità ispirata da prudenza e sapienza, perciò accompagna l’allegoria di Venezia, esempio di buon governo dello Stato.
Siete curiosi di scoprire gli attributi di Abbondanza-Caritas e Minerva Pacifica? E perché un delfino e due ippocampi le accompagnano? Potrete approfondire questi e altri significati il prossimo 10 settembre, quando il direttore regionale dei Musei del Veneto, dottor Daniele Ferrara, ci parlerà dei Reggistendardi bronzei della Piazza, guidandoci nell’interpretazione della loro complessa simbologia, nell’ambito del ciclo di incontri informali nel cortile storico del Museo Archeologico Nazionale di Venezia, intitolato Storie di Piazza San Marco.
Per citazioni e approfondimenti:
D. Ferrara, Oltre il Leone. Animali simbolici per i reggistendardi di Alessandro Leopardi in Piazza San Marco a Venezia, in Animali figurati. Teoria e rappresentazione del mondo animale dal Medioevo all’età moderna, Roma 2019, pp. 291-314; W. Wolters, Piazza San Marco a Venezia, Verona 2018, pp.61-64.
Foto credits: Luca Trolese
Sabato 10 settembre, ore 18.30
Museo Archeologico Nazionale di Venezia, Piazzetta San Marco 17
Daniele Ferrara – Alti e “invisibili”: i Reggistendardi bronzei della Piazza
Ingresso gratuito su prenotazione
Tel. 0412967663